Chiara Ferragni risarcisce con 500 euro una consumatrice per il caso pandori

Chiara Ferragni ha recentemente raggiungo un importante accordo extragiudiziale: ha versato un risarcimento per il caso pandoro di 500 euro ad Adriana L., una pensionata di 76 anni di Avellino che si era costituita parte civile nel procedimento penale per truffa aggravata. La donna aveva acquistato pandori Pink Christmas Balocco a prezzo maggiorato, convinta che una parte del ricavato sarebbe stata destinata a beneficenza all’ospedale Regina Margherita di Torino. In realtà, la donazione era stata versata in cifra fissa dall’azienda precedentemente, non collegata alle vendite. La trattativa tra i legali delle due parti, condotta in forma riservata, porterà Adriana a ritirare la sua istanza alla prossima udienza del 4 novembre, mentre il procedimento penale continua presso il tribunale di Milano coinvolgendo altre associazioni di consumatori e affrontando accuse di inganno commerciale sistematico.

La vicenda del pandoro Pink Christmas

Cos’è accaduto nella campagna commerciale

La campagna del pandoro Pink Christmas rappresenta uno dei casi più discussi di presunta comunicazione commerciale ingannevole negli ultimi anni in Italia. Nel 2021 e nel 2022, la collaborazione tra Chiara Ferragni, l’azienda dolciaria Balocco e successivamente l’ente responsabile della campagna ha portato sul mercato un pandoro a edizione limitata con il logo dell’influencer cremasca impresso sulla confezione. Questo prodotto è stato commercializzato a un prezzo significativamente maggiorato rispetto al pandoro tradizionale: 9,37 euro invece dei 3,68 euro del prezzo originale. La differenza di circa 5,69 euro per confezione rappresentava una sostanziale ricarica dovuta al branding e alle promesse di beneficenza associate al prodotto.

La promessa benefica ingannevole

Secondo le accuse formulate dalla Procura, la comunicazione pubblicitaria e sui social media avrebbe indotto i consumatori a credere che una porzione significativa del ricavato dalle vendite sarebbe stata destinata a iniziative solidali presso il reparto pediatrico dell’Ospedale Regina Margherita di Torino. Questa rappresentazione era volta a suscitare empatia e a motivare i consumi, creando un legame emotivo tra l’acquisto del prodotto e un gesto di beneficenza. Tuttavia, il meccanismo effettivo della donazione operava in modo completamente diverso: l’azienda Balocco aveva versato una donazione fissa di 50.000 euro, indipendentemente dal numero di pandori venduti, mesi prima dell’inizio della campagna commerciale. Non esisteva quindi alcun collegamento reale tra le vendite e il contributo caritativo, trasformando la promessa benefica in una semplice strategia commerciale di marketing emotivo.

La costituzione di parte civile di Adriana

Il danno economico della consumatrice

La signora Adriana aveva effettuato un acquisto di circa una decina di pandori Pink Christmas, spendendo complessivamente una cifra che, considerando il prezzo maggiorato e i mancati benefici promessi, ha determinato un danno economico quantificabile. Selon i legali che l’hanno rappresentata, Giulia Cenciarelli e Mario di Salvia, il danno patrimoniale consisteva nella differenza tra il prezzo pagato (9,37 euro per confezione) e il prezzo che avrebbe dovuto essere praticato senza la fittizia promessa benefica (3,68 euro). Oltre al danno patrimoniale diretto, la donna ha lamentato danni non patrimoniali, quali la “frustrazione dell’intento solidaristico” mancato, la “lesione della fiducia e della buona fede”, e la “mortificante percezione di essere stata strumentalizzata per fini commerciali”. Questi ultimi danni riflettono il pregiudizio psicologico e morale subito dalla consumatrice, che si era sentita tradita nel suo genuino desiderio di fare beneficenza.

L’unica consumatrice a costituirsi parte civile

È importante sottolineare che Adriana è stata l’unica consumatrice individuale a decidere di costituirsi parte civile nel procedimento penale. Questa scelta la differenzia dai milioni di altri consumatori che avevano acquistato il medesimo prodotto in Italia, ma che non avevano intrapreso azioni legali individuali. La sua decisione era motivata non solamente dal danno economico, ma anche da motivazioni di ordine etico e spirituale: la signora è una fervente cattolica, come sottolineato ripetutamente dai suoi legali durante i procedimenti, e teneva particolarmente a difendere l’idea stessa di beneficenza come valore sincero e non strumentalizzato. La sua azione legale rappresentava quindi anche una forma di protesta contro l’appropriazione commerciale del concetto di solidarietà. Durante la prima udienza del 23 settembre, Adriana aveva presentato formalmente la sua costituzione di parte civile, supportata dalle argomentazioni giuridiche e dalle prove documentali relative al prezzo differenziale e alle comunicazioni ingannevoli.

L’accordo di risarcimento per il caso pandoro

La trattativa extragiudiziale tra gli avvocati

La trattativa che ha portato al risarcimento per il caso pandoro ha coinvolto, da una parte, i legali della consumatrice (Giulia Cenciarelli e Mario di Salvia) e, dall’altra, gli avvocati di Chiara Ferragni (Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana). La negoziazione è stata condotta in forma riservata, secondo quanto emerso dalle informazioni disponibili, il che significa che i dettagli specifici della discussione non sono stati resi pubblici. Tuttavia, le fonti suggeriscono che gli avvocati dell’influencer erano intenzionati fin da subito a chiudere alla svelta il procedimento relativo a questa specifica parte civile, probabilmente per evitare la moltiplicazione di contenziosi e per limitare i danni reputazionali derivanti da un processo su questioni così sensibili come l’inganno commerciale e lo sfruttamento della beneficenza. Gli avvocati di Ferragni hanno acconsentito facilmente alle pretese della 76enne, sborsando la cifra stabilita che rappresenta un compromesso tra il danno patrimoniale strettamente calcolato e i danni non patrimoniali per la frustrazione morale.

Le conseguenze dell’accordo per tutte le parti

Con l’accettazione del risarcimento di 500 euro, Adriana si è impegnata a ritirare formalmente la sua istanza di parte civile presso la prossima udienza fissata per il 4 novembre 2025 davanti al tribunale di Milano. Questo rappresenta una chiusura della vertenza civile tra la consumatrice individuale e l’influencer, ma non estingue il procedimento penale principale, che continua con le accuse di truffa aggravata a carico di Chiara Ferragni. La Procura mantiene tutte le sue contestazioni nei confronti dell’imprenditrice digitale, del suo ex collaboratore Fabio Damato e dell’azienda dolciaria Cerealitalia (precedentemente nota come Balocco). Per Ferragni, l’accordo rappresenta un tentativo di contenere i danni nel processo, riducendo il numero di testimoni civili critici e dimostrando una certa disponibilità al dialogo con i consumatori danneggiati. Allo stesso tempo, questa mossa legale può essere interpretata come un tentativo di sminuire gli elementi di danno complessivo nel quadro dell’inchiesta penale, poiché una sola consumatrice che ritira la sua accusa potrebbe essere presentata come prova che il danno effettivo è stato limitato.

Il procedimento penale in corso

Le accuse formali di truffa aggravata

L’indagine della Procura ha portato a formalizzare accuse di truffa aggravata contro Chiara Ferragni per il modo in cui le campagne commerciali relative ai pandori Pink Christmas e alle uova di Pasqua Dolci Preziosi sono state condotte. Secondo l’accusa, l’influencer e i suoi complici hanno realizzato un “ingiusto profitto” di oltre due milioni di euro attraverso il commercio di questi prodotti confezionati con promesse benefiche ingannevoli. L’accusa sostiene che Ferragni ha tratto vantaggio non solo dal prezzo maggiorato del prodotto, ma anche dal significativo “ritorno di immagine” derivante dall’utilizzo improprio della beneficenza come strumento di marketing. La comunicazione pubblicitaria su piattaforme come Instagram, dove Ferragni conta milioni di follower, amplificava enormemente l’effetto ingannevole della campagna, raggiungendo un pubblico vastissimo e creando una pressione sociale all’acquisto basata su false premesse solidali.

Il proseguimento del processo davanti al tribunale di Milano

Sebbene l’accordo con Adriana chiuda la controversia relativa a questa parte civile individuale, il procedimento penale principale proseguirà regolarmente presso il tribunale di Milano. Altre associazioni di consumatori e possibili altri soggetti rimangono coinvolti nella causa, e la Procura continua a perseguire le proprie accuse nel merito. Le udienze successive saranno cruciali per determinare se Ferragni e gli imputati abbiano effettivamente commesso il reato di truffa aggravata, quale sia l’entità del danno complessivo ai consumatori e quali sanzioni debbano essere applicate. La linea difensiva di Ferragni e dei suoi avvocati continuerà a contrastare le accuse, potenzialmente affermando che la comunicazione commerciale, pur imperfetta, non costituisce inganno intenzionale ma piuttosto una cattiva gestione della campagna promozionale.

Implicazioni e insegnamenti per i consumatori

I diritti dei consumatori nella comunicazione commerciale

Questa vicenda evidenzia l’importanza fondamentale della protezione dei diritti dei consumatori nella società contemporanea, specialmente quando si tratta di comunicazione commerciale veicolata attraverso influencer e social media. I consumatori hanno il diritto di ricevere informazioni corrette, complete e non ingannevoli riguardo ai prodotti che acquistano, incluse le vere motivazioni dietro aumenti di prezzo. Quando un’azienda o un personaggio pubblico utilizza la promessa di beneficenza come leva di vendita, tale promessa deve essere effettivamente realizzata nel modo comunicato, non rappresentare una semplice strategia di marketing con conseguenze legali nulle. La responsabilità delle influencer nel verificare le condizioni effettive di campagne alle quali associano il loro nome è rilevante da un punto di vista etico e legale, come il procedimento a carico di Ferragni evidenzia chiaramente.

Quando e come costituirsi parte civile come consumatore

Il caso di Adriana fornisce un esempio concreto di quando un consumatore dovrebbe considerare di costituirsi parte civile in un procedimento penale. Se ritieni di aver subito un danno a causa di una condotta fraudolenta o illegale perpetrata da un’azienda o da una persona, hai il diritto di chiedere di essere ammesso come parte civile nel procedimento penale relativo, potendo così ottenere un risarcimento civile parallelo alla sentenza penale. È consigliabile contattare un avvocato specializzato in diritto dei consumatori per valutare la fondatezza della tua rivendicazione e i realistici margini di successo. Gli avvocati esperti in questo settore potranno quantificare i danni patrimoniali e non patrimoniali, preparare la documentazione necessaria e rappresentarti nel procedimento. La scelta di Adriana di agire da sola, sebbene coraggiosa, ha comunque avuto bisogno del supporto legale per raggiungere un risultato concreto, come dimostra il suo accordo di risarcimento.

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